Onorevoli Deputati! - 1. La fase di attuazione del disegno costituzionale di decentramento fiscale introdotto nel 2001 con il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, dopo la stasi della legislatura 2001-2006 e l'esito chiarissimo della consultazione referendaria del 2006, riprende finalmente avvio, in un contesto di rinnovata certezza giuridica, a un anno circa dall'inizio della nuova legislatura e dopo un lavoro di analisi e di concertazione tecnico-politica assai denso e proficuo.
Il pesante e complesso contenzioso accumulatosi negli ultimi cinque anni ha consentito alla Corte costituzionale di definire con chiarezza le condizioni di fondo entro le quali è corretto svolgere le linee del nuovo titolo V; al centro di questo processo, che ha una sua valenza squisitamente storico-politica, c'è il rapporto fiscale tra cittadini, Stato, regioni e sistema delle autonomie: il processo federale o è fiscale o non ha alcuna valenza innovativa.
2. Una nuova fase politico-istituzionale si apre. I gruppi dirigenti del nostro Paese sono nella condizione di dare avvio agli elementi costitutivi di un nuovo disegno fiscale, dove responsabilità nel reperimento delle risorse e autonomia di spesa si saldano in modo inscindibile.
Superata la declamazione retorica di un federalismo astratto, è possibile ora confrontarsi nel concreto per misurare la capacità di innovazione e di continuità che deve segnare una fase storica complessa ma densa di futuro come quella presente.
I criteri di convergenza economico-finanziaria e di coesione sociale che l'Unione europea impone al nostro Paese disegnano la cornice dentro cui lo Stato democratico e repubblicano chiama il sistema delle regioni e delle autonomie locali a declinare responsabilità fiscale e autonomia di spesa.
L'equilibrio complessivo della finanza pubblica e il suo controllo dinamico sono le condizioni entro cui le classi politiche, espressione del dinamismo dei territori, possono far valere i propri talenti e le proprie vocazioni.
3. Completare il disegno di un sistema ordinato di rapporti finanziari tra i livelli di governo richiede che siano conciliati tre princìpi garantiti dalla Costituzione, come riformata nel 2001: primo, l'autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, che comporta differenze territoriali nelle prestazioni dei servizi; secondo, la perequazione necessaria per l'uniformità nei livelli essenziali delle prestazioni, che richiede importanti trasferimenti perequativi; terzo, la sostenibilità della condizione complessiva dei conti pubblici, per assicurare la quale occorre un coordinamento tra i soggetti erogatori di spesa pubblica e, in esso, un ruolo di guida del Governo centrale nella formazione del bilancio. Sono evidentemente princìpi intrecciati tra loro e in potenziale conflitto.
In armonia con il dettato costituzionale, il sistema di finanziamento degli enti decentrati individua nei tributi regionali e locali e nelle compartecipazioni ai tributi erariali la fonte primaria di finanziamento delle funzioni ad essi attribuite. Ai tributi propri è affidato il compito di garantire la manovrabilità dei bilanci, l'adattamento
4. In questo quadro generale, il presente disegno di legge di delegazione legislativa delinea soluzioni per una serie di problemi che occorre affrontare se si vuole costruire un sistema coerente. Il primo riguarda il coordinamento del sistema tributario. Viene stabilito un principio di «pari dignità» dei tributi propri dei vari livelli di governo, con l'esclusione di interventi, privi di contestuale compensazione, sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi riferibili ad altri livelli di governo. Si definisce poi un quadro per l'esercizio concreto dell'autonomia tributaria, prevedendo che le regioni, nelle materie non assoggettate a imposizione da parte dello Stato, possano istituire tributi regionali e locali e determinare le materie e gli ambiti nei quali può esercitarsi l'autonomia tributaria degli enti locali. L'autonomia tributaria degli enti locali è garantita anche dalla possibilità d'intervento della legge statale in assenza di legge regionale.
Una seconda questione riguarda l'assetto della finanza delle province e dei comuni, e in particolare il ruolo di coordinamento svolto dallo Stato e dalle regioni (ai quali, secondo la Costituzione, è affidata in materia una competenza legislativa concorrente). La scelta operata nel presente disegno di legge di delega è quella di configurare un assetto differenziato della finanza comunale, basato sulla distinzione dei comuni secondo la gamma delle funzioni svolte (e quindi l'ampiezza demografica). Viene così, da un lato, valorizzata la tradizione municipale del nostro ordinamento e, dall'altro, attribuito un ruolo fondamentale alle regioni nel delineare schemi concreti di coordinamento della finanza dei comuni di dimensioni minori, nel rispetto - per quanto riguarda la perequazione - dei criteri generali fissati nelle norme statali.
Una terza questione concerne gli obiettivi concreti degli schemi di perequazione. Per la parte basata sui fabbisogni di spesa è necessario che di tali fabbisogni sia data una definizione puntuale. Nell'assetto definitivo, questi non dovranno semplicemente coincidere con la spesa storica, come di fatto avviene oggi. Il presente disegno di legge di delega definisce il quadro istituzionale dei rapporti finanziari tra i vari livelli di governo e fissa i criteri generali per l'avvio di un percorso graduale che restituisca razionalità alla distribuzione delle risorse, rendendola coerente con le misure oggettive dei fabbisogni e con il costo standard delle prestazioni erogate. Affinché le potenzialità positive del federalismo - positive per la partecipazione democratica e per il controllo dei cittadini, per la concorrenza emulativa tra comunità e governi locali - possano dare frutti, occorre collocare tutti sullo stesso piano.
Infine sono da considerare i riflessi del nuovo assetto sulle procedure di formazione del bilancio pubblico nel suo insieme. Come si è detto, la riforma determina i princìpi generali di coordinamento
5. I punti salienti della delega legislativa possono essere riassunti nei modi seguenti.
5.1. Si costruisce un assetto stabile della finanza delle regioni, delle province e dei comuni, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
5.2. Viene attribuito a ciascuno dei tre livelli di governo un complesso di tributi propri e di compartecipazioni dinamiche al gettito di tributi erariali. Ai tributi propri è affidato il compito di garantire la manovrabilità dei bilanci, l'adattamento dei livelli dell'intervento pubblico alle situazioni locali e la responsabilità delle amministrazioni locali. Alle compartecipazioni è rimessa la stabilità, anche in senso dinamico, del volume delle risorse finanziarie.
5.3. Viene stabilito un principio di «pari dignità» dei tributi propri dei vari livelli di governo, con l'esclusione di interventi, privi di contestuale compensazione, sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi riferibili ad altri livelli di governo.
5.4. Si definisce un quadro per l'esercizio concreto dell'autonomia tributaria, prevedendo che le regioni, nelle materie non assoggettate a imposizione da parte dello Stato, possono istituire tributi regionali e locali e determinare le materie e gli ambiti nei quali può esercitarsi 1'autonomia tributaria degli enti locali.
5.5. L'autonomia tributaria degli enti locali è garantita anche dalla possibilità di intervento della legge statale in assenza di legge regionale.
5.6. Per le regioni le fonti di finanziamento, oltre ai tributi propri attuali e alla compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), comprendono una compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), insieme o alternativamente a un'addizionale regionale alla medesima IRPEF.
5.7. Per le regioni si garantisce il finanziamento integrale (sulla base di costi standard o di indicatori di fabbisogno finanziario) delle prestazioni essenziali concernenti i diritti civili e sociali (sanità e assistenza), del trasporto pubblico di competenza regionale e delle spese riconducibili a funzioni fondamentali dei comuni di dimensioni demografiche minori. Il finanziamento dei fabbisogni standard per tutte le regioni è garantito da un Fondo perequativo alimentato dalla fiscalità generale.
5.8. Per la parte residua delle spese regionali, la perequazione è basata in modo trasparente sulla capacità fiscale. Il Fondo perequativo, per questa componente, è alimentato da una parte del gettito della compartecipazione all'IRPEF
5.9. Alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica corrisponde un assetto duale della finanza comunale, basato sulla distinzione dei comuni secondo l'ampiezza demografica (e quindi la gamma delle funzioni svolte). Viene così demandato alle regioni il compito di disegnare schemi concreti di perequazione per i comuni di dimensioni minori (nel rispetto dei criteri generali che vengono fissati nella legge di delega).
5.10. Riguardo alle fonti di finanziamento degli enti locali, per i comuni viene rafforzata la compartecipazione dinamica all'IRPEF già introdotta dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Per le province è prevista la possibilità di un'analoga compartecipazione, unitamente o in alternativa alla trasformazione dell'imposta sui premi delle assicurazioni obbligatorie della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti in tributo proprio.
5.11. La perequazione delle risorse, per la parte basata sui fabbisogni di spesa, richiede che di tali fabbisogni sia data una definizione puntuale. Nell'assetto definitivo questi non dovranno semplicemente coincidere con la spesa storica, come di fatto avviene oggi. Il presente disegno di legge di delega definisce il quadro istituzionale dei rapporti finanziari tra i vari livelli di governo e fissa i criteri generali per l'avvio di un percorso graduale che restituisca razionalità alla distribuzione delle risorse, rendendola coerente con le misure oggettive dei fabbisogni e con il costo standard delle prestazioni erogate.
5.12. La riforma definisce i princìpi generali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario diretti a realizzare il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli di governo nella definizione degli obiettivi programmatici, in un quadro di stabilità e di certezza necessario per consentire agli enti territoriali di programmare le proprie attività. Le norme della manovra di bilancio aventi ricadute sulla finanza regionale e locale, oggi contenute nel disegno di legge finanziaria, dovrebbero quindi trovare collocazione in apposito disegno di legge, presentato nel mese di giugno dopo una fase di confronto e valutazione con le regioni, le province e i comuni. Esso assumerebbe la qualificazione di provvedimento collegato alla manovra di bilancio e dovrebbe essere approvato entro il mese di ottobre. Ciò consentirebbe, da un lato, di decongestionare la sessione parlamentare di bilancio; dall'altro, di garantire agli enti territoriali margini temporali adeguati per la formulazione delle proprie politiche di bilancio.